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L'Età Ibrida

Canto da un Natale passato

L’età ibrida si è aperta tra i cieli di New York.

Un giovane francese stava passando alla storia come il primo uomo in grado di camminare sopra le nuvole, in equilibrio su un filo teso sopra uno dei luoghi più simbolici di tutto l’Occidente. Oggi gli orizzonti sono drammaticamente cambiati, eppure quei pochi passi, quel nuovo modo di guardare al mondo, è rimasto come un faro nella nostra memoria.

Soltanto pochi anni prima, nel 1969, tra l’UCLA e Stanford si stava costruendo il primo pezzo di quella rete globale che oggi collega tutto il globo: internet (sebbene ai tempi si chiamasse ancora ARPAnet). Anche in quel caso l’umanità stava camminando in bilico su un certo tipo di filo, anzi su un dedalo di fili che apriva la strada a un mondo nuovo, una realtà che forse appariva incorporea, ma che col tempo ha reso le nostre vite sempre più ibride.

Oggi ci sembra di inseguire un futuro che non riesce più a stare al passo, che non ce la fa a mantenere le promesse in una società che sta cambiando troppo in fretta. Sentiamo parlare sempre più spesso di innovazione, ma c’è un’altra parola, un po’ più antica e rotonda, che abbiamo perso di vista: la parola progresso. Lì sotto si nasconde un concetto inclusivo, una responsabilità verso la propria comunità oltre che verso se stessi, affinché il futuro possa davvero essere di tutte e tutti, non soltanto di chi fa impresa. 

La seconda stagione de L’Età Ibrida si chiude insieme al secondo anno pandemico e ormai è impossibile ignorare tutte quelle istanze che l’emergenza ha inesorabilmente esacerbato. Forse ce ne siamo dimenticati, ma il 2019 si era chiuso con proteste in tutto il mondo e contro ingiustizie di ogni tipo: regimi oppressivi, disuguaglianze, lotta al cambiamento climatico e carovita. Il 27 settembre, la fine della Week for Future ha portato in piazza quattro milioni di persone, attestandosi come la manifestazione ambientalista più partecipata di tutti i tempi.

È come se alla fine di questo secondo anno pandemico ci ritrovassimo tutti intrappolati in una sorta di Canto di Natale, tutti ugualmente alle prese con una lunga notte di riflessione e di spettri, un po’ come l’avarissimo Ebenezer Scrooge. Quel canto continua a parlare al nostro tempo perché racconta una società in cui le dinamiche di potere sono distorte, in cui un sistema malato si consacra come il migliore possibile. In questi due anni abbiamo capito che ritornare alla normalità è impossibile, perché prima non c’era proprio niente di normale.

Tre spettri ci stanno perseguitando: passato, presente e futuro ci chiedono di fare finalmente i conti con le storture della nostra società, con il malcontento che un certo modo di fare mercato ha creato in tutto il mondo. Dobbiamo trovare altre strade per valutare le nostre aziende, strade che non portino soltanto al profitto ma che misurino l’impatto di un’azienda sul territorio e sulla comunità intera. 

Forse in questo sta tutta la magia del Natale, nel fare i conti con se stessi, nel provare a migliorare il mondo un pezzettino alla volta, guardando al passato e provando a scrivere, insieme, un futuro migliore.

 

L’Età Ibrida non sarebbe potuta nascere e crescere senza l’appoggio della Camera di Commercio Milano Monza Brianza Lodi, che ha creduto in questo progetto ben prima dello scoppio della pandemia, quando il mondo sembrava ancora alle porte di un’età di mezzo.

Ringrazio i colleghi di Punto Impresa Digitale e di Mirandola Comunicazione, che con la loro ostinazione hanno tenuto il baricentro di questa rassegna anche nei mesi più difficili dell’emergenza sanitaria. Abbiamo perso la presenza, ma “non ci siamo mai sentiti soli”, come ha detto Franco Anelli, Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. 

Ringrazio Tavolo Giovani che ci ha fatto incontrare le imprese più innovative del nostro territorio, quelle che hanno incarnato davvero lo spirito del secondo tempo: aziende che non si sono mai fermate, neanche durante i lockdown, ma che hanno dovuto reinventarsi, oppure imprese che hanno subito una battuta d’arresto e che sono state capaci di ripartire. 

Grazie a tutti gli ospiti e grazie a tutte le ospiti che ci hanno aiutato a navigare questa epoca nuova tracciando mappe, usando soltanto le parole come bussole. Infine, grazie a Marisandra Lizzi, la madrina di questa rassegna, che mi ha affiancato nella costruzione di questo percorso, lungo una strada verso orizzonti nuovi, tra profitto e bene comune.

Paolo Iabichino

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