Essere sostenibili non è più solo una scelta etica, ma un driver di competitività e crescita.
Anche quando a raccontarle è una multinazionale come Epson, le buone pratiche illustrate possono rappresentare un’ispirazione per le piccole e medie imprese, offrendo spunti concreti per iniziare a integrare la sostenibilità nelle proprie attività.
Epson nasce come costola del marchio Seiko, noto produttore di orologi, ed è da lì che eredita tre valori guida: compattezza, efficienza e precisione. Qualità essenziali per un orologio, ma ancora più rilevanti oggi per progettare prodotti e processi a basso impatto ambientale: meno materie prime grazie alla compattezza, meno energia con l’efficienza, meno sprechi grazie alla precisione.
Ne parliamo con Luca Cassani, Corporate Sustainability Manager di Epson Italia, per conoscere il percorso dell’azienda e capire come innovazione, visione a lungo termine e responsabilità possano coesistere.
Qual è la vostra vision in tema di sostenibilità ambientale e quale strategia state adottando per raggiungerla entro il 2050?
Luca Cassani, Corporate Sustainability Manager, Epson Italia

L’idea è quella di proporre prodotti che siano sempre meno impattanti, usando meno materie prime e facendo in modo che chi li utilizza abbia un impatto minimo anche in termini di energia consumata.
Questo è uno dei principi fondanti che guida la nostra politica ambientale verso il 2050, che prevede un obiettivo chiaro: diventare un’azienda carbon negative e non utilizzare più materie prime provenienti dal sottosuolo.
Per dare un dato concreto, nel 2023 tutte le aziende del gruppo Epson hanno fatto lo switch passando all’uso esclusivo di energia elettrica da fonti rinnovabili. Questo ci ha permesso di risparmiare circa 400.000 tonnellate di CO₂ all’anno.
Quali sono le azioni che, a livello di gruppo Epson, portate avanti per unire tecnologia e sostenibilità ambientale?
Il nostro impegno ambientale si muove lungo due binari complementari: offrire ai clienti prodotti sempre più performanti e meno impattanti, che consumano meno risorse e durano di più, e innovare i processi produttivi, investendo in tecnologie che contribuiscano concretamente a ridurre la nostra impronta di CO₂.
In Giappone stiamo costruendo centrali a biomassa per alimentare le nostre fabbriche con energia rinnovabile, cedendo l’eventuale surplus alla rete elettrica locale.
Abbiamo poi sviluppato una tecnologia proprietaria, la Dry Fiber Technology, che con la macchina PaperLab permette di riciclare la carta direttamente negli uffici, senza uso d’acqua; questa è una tecnologia che stiamo applicando anche al riuso dei tessuti, in risposta al problema dei rifiuti da abbigliamento. Di recente uno stilista giapponese ha portato in passerella a Parigi abiti creati proprio con fibre rigenerate grazie a questa tecnologia.

Restando nel mondo del recupero di tessuti, in collaborazione con un istituto di Hong Kong abbiamo sviluppato una fibra di cellulosa rigenerata da tessuti di cotone di scarto che promette di rivoluzionare l’approccio alla produzione tessile sostenibile.
Un altro progetto sperimentale riguarda alcune alghe in grado di nutrirsi di CO₂ e produrre carbonato di calcio, materia utile per il calcestruzzo. Un’innovazione che può aiutare a costruire in modo sostenibile e catturare anidride carbonica.
Ci racconta un esempio concreto di come un vostro prodotto ha reso più sostenibile l’esperienza d’uso per milioni di utenti?
Una delle innovazioni di cui andiamo più fieri è la stampante EcoTank. Al posto delle classiche cartucce, utilizza serbatoi ricaricabili con bottigliette: un sistema che permette di stampare migliaia di pagine con un’unica ricarica, riducendo drasticamente la plastica.
Su un ciclo di vita di 5 anni, ogni stampante evita oltre 6 kg di plastica. Considerando che ne abbiamo vendute più di 100 milioni, parliamo di un impatto globale enorme. Le bottigliette sono in plastica PET riciclabile e stiamo studiando l’utilizzo di materiali riciclati anche per quelle.
Per quanto concerne gli aspetti sociali, quali strumenti e iniziative avete messo in campo per promuovere un ambiente di lavoro responsabile e inclusivo?
Chiaramente la sostenibilità è un concetto integrato che va oltre l’ambiente, includendo imprescindibilmente la dimensione sociale. Le nostre fabbriche aderiscono alla Responsible Business Alliance (RBA) e hanno ottenuto lo status Platinum, la certificazione più alta per le condizioni etiche di lavoro.
Stiamo inoltre lavorando attivamente sulla diversity, equity e inclusion. Abbiamo comitati dedicati in ogni Paese europeo, per capire come migliorare l’inclusione interna e adattarci ai diversi contesti culturali.
Quale consiglio darebbe alle piccole e medie imprese che vogliono iniziare, o rafforzare, un percorso verso la sostenibilità?
Il primo suggerimento che do alle PMI è di pensare alla sostenibilità come a un impegno di lungo periodo. La parola stessa deriva dal pedale sustain del pianoforte, che serve a prolungare il suono della nota. Allo stesso modo, ritengo che la sostenibilità prolunghi la vita dell’impresa nel tempo.
Non si tratta di cambiare tutto subito, ma di avviare piccoli cambiamenti che tengano conto delle esigenze dell’impresa nel lungo termine, guardando a 20, 30, 50 anni. Questo è importante soprattutto per le aziende familiari, che vogliono lasciare un’eredità alle generazioni future, innovando senza interrompere il percorso.
Inoltre, oggi chi implementa politiche ESG concrete trova più facile accedere al credito, perché banche e investitori premiano chi investe con una visione di lungo termine.
Infine, dobbiamo agire con strategie di mitigazione, perché i cambiamenti climatici stanno già causando eventi estremi sempre più frequenti. Pensare in modo sistemico e strutturato è fondamentale per garantire che le aziende possano prosperare anche tra decenni.
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