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Quando l’innovazione incontra l’inclusione: il Museo Fratelli Cozzi apre le porte a tutti

Il Museo Fratelli Cozzi si distingue per la grande attenzione all’accessibilità, intesa come un impegno concreto verso un’accoglienza inclusiva e attenta alle esigenze di ogni visitatore. In questa prospettiva, il museo rappresenta un esempio virtuoso di integrazione tra cultura, impresa e responsabilità sociale.

Ne parliamo con la Presidente Elisabetta Cozzi, punto di riferimento nella valorizzazione del patrimonio culturale e promotrice di una visione di museo aperto, contemporaneo e realmente accessibile a tutti.

Il Museo Fratelli Cozzi è riconosciuto come un esempio virtuoso di struttura museale attenta all’accessibilità. Quali sono stati i principi guida che hanno orientato le vostre scelte in questo ambito?

Secondo un’indagine pubblicata da la Repubblica nel luglio 2024, meno del 6% dei musei italiani può oggi definirsi pienamente accessibile a tutti. Sapere di rientrare in questa piccola percentuale è per noi motivo di grande orgoglio. Fin dall’inizio abbiamo considerato l’accessibilità non come un requisito tecnico, ma come un valore umano e culturale. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di creare un museo capace di accogliere, ascoltare e includere ogni persona, offrendo un’esperienza di visita autentica, indipendentemente dalle proprie abilità fisiche, sensoriali o cognitive.
I nostri principi guida sono stati due: rimuovere le barriere fisiche e sensoriali e formare persone consapevoli e preparate ad accompagnare visitatori con esigenze diverse. Solo così un museo può appunto diventare davvero un luogo di incontro, scambio e scoperta per tutti.

L’accessibilità viene spesso considerata solo in termini di inclusione sociale, ma può rappresentare anche una leva strategica per lo sviluppo culturale ed economico. In che modo questa visione si riflette nella vostra esperienza?

L’accessibilità non è solo una questione di inclusione, ma anche di valorizzazione culturale e sostenibilità sociale ed economica.
Aprire il museo a pubblici diversi significa ampliare il proprio orizzonte, arricchire le esperienze e creare nuove opportunità di relazione con il territorio.
Nel nostro caso, l’impegno per l’accessibilità ha rafforzato il legame con scuole, associazioni e famiglie, generando un impatto positivo anche in termini di visibilità, reputazione e partecipazione.
Oggi il Museo Fratelli Cozzi è percepito non solo come un luogo di esposizione, ma come una comunità aperta, capace di unire persone, storie e competenze attorno alla cultura d’impresa e alla passione per l’Alfa Romeo.

Il supporto dato dal precedente Bando di Camera di commercio a sostegno di interventi di riqualificazione in chiave di accessibilità ha rappresentato un’opportunità importante. In che termini ha inciso sul percorso di miglioramento dell’accessibilità del museo?

Il bando della Camera di Commercio è stato per noi il punto di partenza concreto di un percorso che poi si è ampliato negli anni.
Grazie a quel contributo abbiamo potuto compiere il primo passo verso un museo davvero accogliente, realizzando spazi e strumenti dedicati alle famiglie con bambini.
Questa iniziativa non solo ha permesso di rendere il museo più fruibile e inclusivo, ma ha avuto anche un impatto positivo sui visitatori e sui risultati economici: l’apertura verso nuovi pubblici ha infatti portato a un incremento significativo degli accessi e, di conseguenza, del nostro fatturato.
Quel bando ha rappresentato una leva strategica, non solo economica, perché ci ha permesso di ripensare il museo come un luogo realmente accessibile e inclusivo, fino a raggiungere la piena accessibilità, traguardo che oggi riguarda come dicevo all’inizio, solo una piccola percentuale di musei italiani.

Quali interventi specifici sono stati realizzati grazie al contributo del bando? E quali impatti concreti avete riscontrato?

Grazie al contributo del bando e ai successivi sviluppi del progetto, il museo ha introdotto una serie di interventi mirati all’inclusione di persone con diverse disabilità:

  • Per le persone con disabilità visiva, abbiamo introdotto i tour tattili (touch tour), durante i quali il visitatore cieco o ipovedente può esplorare le auto, i motori e gli oggetti in esposizione, guidato da un operatore formato che descrive in modo dettagliato ciò che viene percepito attraverso il tatto.
  • Per le persone con disabilità uditiva, i filmati proiettati nella sala multimediale sono stati corredati di interpretariato LIS e sottotitolazione, permettendo una fruizione completa dei contenuti audiovisivi.
  • Per le persone con disabilità motoria o ridotta mobilità, abbiamo reso il museo pienamente accessibile, non solo ovviamente soddisfacendo gli obblighi di legge ma anche acquistando una carrozzina a disposizione dei visitatori e prevedendo un servizio di accompagnamento personalizzato.
  • Infine, abbiamo investito nella formazione del personale di accoglienza, affinché fosse preparato a comprendere e accompagnare visitatori con diverse esigenze, incluse quelle legate a neurodiversità o disabilità intellettive.

Oltre a un miglioramento evidente nella qualità dell’esperienza di visita, questi interventi hanno portato anche risultati misurabili: l’ampliamento del pubblico, la fidelizzazione delle famiglie e l’avvio di nuove collaborazioni con scuole e associazioni, che hanno rafforzato il ruolo del museo come punto di riferimento inclusivo sul territorio.

Alla luce della vostra esperienza, quale messaggio si sentirebbe di rivolgere ad altre realtà museali o culturali che intendono intraprendere un percorso verso una maggiore accessibilità?

Direi che l’accessibilità non è un traguardo, ma un percorso di crescita continua.
Non servono necessariamente grandi investimenti iniziali: serve, prima di tutto, una visione e la volontà di mettersi in ascolto. Ogni piccolo passo, una formazione, un adattamento, una collaborazione, può generare un grande cambiamento nella percezione del pubblico.
Il consiglio che ci sentiamo di dare è di iniziare, senza paura: aprirsi a nuove prospettive, coinvolgere le persone con disabilità nel processo di progettazione e non considerare l’accessibilità un vincolo, ma una straordinaria opportunità per arricchire la propria identità culturale e rafforzare la sostenibilità del proprio modello museale.
Solo così il museo diventa davvero ciò che dovrebbe essere: un bene comune, accessibile e condiviso da tutti.

Ovviamente mi sento di concludere che questi valori siano fondamentali e strategici in generale per tutte le imprese che lavorano con il pubblico, non certo solo per i musei!

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Il percorso del Museo Fratelli Cozzi dimostra che l’inclusione è una leva strategica per crescere e innovare.
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