Innovazione, mobilità, sicurezza: sono tre dei pillar su cui si articola il piano di interventi a favore della filiera della bike economy, messi in pista da Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi in questi ultimi anni, attraverso bandi di contributo diretti alle imprese. Tra chi, nel 2022, ottiene il finanziamento c’è Indimob srl, start up innovativa, fondata da Paolo Granelli.
50 anni, con un passato di oltre 20 come Car Designer, Paolo ha lavorato prima al centro stile Lancia e Alfa Romeo, poi da designer free lance, ricoprendo infine anche il ruolo di direttore di centro stile per uno studio di Torino, curando il design di diversi progetti di vetture elettriche in Cina.
Paolo, che cosa ti ha portato a cambiare rotta nella tua carriera?
Il Covid è stato il vero spartiacque, dato che mi ha spinto a riflettere sul futuro della mobilità urbana e sul reset generale delle priorità riguardanti l’acquisto di prodotti aspirazionali, come l’automobile appunto. Di quest’ultimo aspetto vediamo le conseguenze proprio in questi mesi, con il crollo verticale delle vendite di tutti i tipi di automobile, non solo elettriche. In questo contesto nasce l’idea di Indimob: un veicolo che ha l’aspirazione di essere l’anello di congiunzione tra bicicletta ed automobile.

Come sei venuto a conoscenza della Call for solution, innovazioni in volata? Come ti è stata utile, che investimenti hai fatto?
Sono venuto a conoscenza di Call for Solutions ricercando in rete bandi per le startup.
Essendo un bando dedicato all’innovazione, mi é venuto facile compilarlo, dato che ero cosciente di avere un prodotto molto innovativo e per certi versi rivoluzionario: una bici a tre ruote, biposto e dotata di carrozzeria in fibra di carbonio e bagagliaio.
Avevo molta fiducia in questa application e le aspettative sono state ripagate.
Indubbiamente per me e i miei soci é stata una grande iniezione di fiducia che ci ha spinto a perseverare nel progetto.
Il contributo ricevuto ci ha rimborsato circa il 60% degli investimenti fino a quel momento effettuati in attrezzature, spese ricerca e sviluppo, test di certificazione CE, sito web ed E-commerce ecc.
Il nostro prodotto si colloca a metà tra una bici ed una macchina e da quest’ultima prende anche un po’ di complessità. soprattutto in quantità di pezzi e raffinatezza meccanica, donando invece alla parte bici la sicurezza ed il comfort tipici dell’automobile.
Questa era la nostra sfida condensata poi nel nostro claim: pratica come una bici, comoda come un’auto.
Secondo te qual è il futuro della mobilità in contesti come quello della città di Milano e come la tua innovazione può fare la differenza?
Milano nel corso della storia é stata sempre nel novero delle città che contano nel mondo assumendo a volte ruoli di avanguardia, a volte ruoli più complementari, giocando in contropiede: ecco devo dire che riguardo alla mobilità rientriamo un po’ in quest’ultima casistica.
Ci siamo dotati di una metropolitana solo nel 1963 (forse non solo per colpa nostra) e allo stesso modo abbiamo iniziato a fare le piste ciclabili solo da qualche anno quando le città del nord Europa le avevano già da un decennio. Siamo comunque in buona compagnia dato che anche Parigi, Londra e New York hanno iniziato a farle da poco tempo. Detto ciò, mi sembra che il presente ma soprattutto il futuro della mobilità urbana sia tracciato e si vada verso un ridimensionamento dell’automobile come principale mezzo di trasporto privato.
La bicicletta tradizionale non può sostituirla, qualcosa in più può farlo. La bicicletta a pedalata assistita ma fino ad un certo punto e proprio qui si inserisce la nostra innovazione.
Cosa manca alla bici per diventare una valida alternativa all’auto? La nostra risposta?
Sicurezza, comfort e capacità di trasporto: ecco perché abbiamo dotato la nostra bici di tre ruote, carrozzeria, due posti comodi e bagagliaio. Come fa una persona a girare con la bici tradizionale a Milano sul pavé, quando piove e magari deve portare i figli a scuola? in queste situazioni la sicurezza é effettivamente un optional per non parlare del comfort: ecco ci sentiamo di dire che il nostro mezzo risolve questi problemi. Certo Indimob Coupé é leggermente più grande di una bici normale ma noi vogliamo sostituire una seconda macchina, non una bici!
In quali mercati pensi che il Made in Italy relativo al settore bike sia più apprezzato e qual è la tua esperienza diretta?
Il Made in Italy non é più il lasciapassare che era stato fino agli anni ’90 su tutti i mercati e su più categorie merceologiche. Chiunque si affaccia al mercato con qualsiasi bene é chiamato a farlo sulla base di solide caratteristiche di qualità e rapporto qualità prezzo, aspetto quest’ultimo che vede le produzioni (veramente) italiane in netto svantaggio dato l’alto costo della manodopera. Questo fatto relega il prodotto italiano nei segmenti premium e lusso oppure nelle nicchia della bicicletta sportiva, dove ancora il tricolore ha il suon appeal presso un pubblico preparato e non generalista.
Cosa ti aspetti per la tua realtà aziendale da qui a 5 anni e che progetti hai in mente?
Abbiamo recentemente completato la nostra line-up di prodotto inserendo il modello Indicargo per il trasporto di cose: un prodotto in cui crediamo molto date le sue caratteristiche di capacità e praticità d’uso superiori alla concorrenza ed un prezzo competitivo.
Ci aspettiamo quindi di entrare nella fase di scale up per raggiungere i numeri di produzione che ci consentiranno di creare una maggiore marginalità e, quindi, la creazione di risorse da investire in iniziative di marketing.
Che consigli hai da dare ad altre imprese innovative del settore bike e soprattutto a giovani startupper?
Se si ha un’idea in cui si crede fortemente é giusto tentare di realizzarla ma si deve essere disposti a dedicargli tutto il tempo necessario. La startup deve essere l’attività principale dello startupper.
Per vagliarne subito la validità e l’appetibilità sul mercato sarebbe auspicabile cercare dei finanziamenti fin da subito. Non voglio dire con questo che l’autofinanziamento sia da escludersi ma certamente il reperire fin dalle primissime fasi le risorse economiche con cui sviluppare l’idea é un buon viatico per il successo della stessa.
Con il tempo e la partecipazione a varie iniziative (anche di Camera di commercio) ho capito proprio questo: piuttosto che farsi prendere dalla voglia di fare e realizzare subito il prototipo, meglio riflettere a fondo su tutti gli aspetti del proprio concept e cercare di convincere qualcuno all’esterno a mettere delle risorse per testare subito ciò che abbiamo pensato.