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Industrie creative: il business è di famiglia

industrie creativeCreatività e impresa: pane e amore e fantasia, ovvero con la passione e la creatività ci si può guadagnare il pane e anche di più  e infatti  l’attenzione  alle industrie creative è in costante crescita. Lo European Competivness  Report  nel 2010 mostra come  queste aziende  apportino  il 3,3% del Pil europeo,  oltre che il 3% dell’occupazione. Sì, ma che cos’è un’ impresa creativa? La creatività non è in fondo un tratto proprio a ogni forma di imprenditorialità? E infatti la definizione di industria creativa varia a secondo delle latitudini culturali e geografiche.

A livello europeo quella che si sta imponendo include tutte le industrie che utilizzano la cultura come input e hanno dimensione culturale, anche se i loro  output  presentano un carattere principalmente funzionale.

Insomma in Europa le aziende attive nei settori dell’architettura, pubblicità, radiotelevisione, software, videogiochi, artigianato, moda, editoria design, cinema e arte,  sono considerate imprese creative.

Per quello che riguarda il “Bel Paese” questo speciale settore ha generato un valore aggiunto di 76 miliardi di euro, pari al 5,4% del totale dell’economia, oltretutto mostrando un tasso di crescita positivo del numero di occupati, nonostante l’attuale crisi occupazionale.

Ma come si governa la fantasia? Chi è al comando di queste industrie? Nel rapporto Milano produttiva 2014 è presente uno studio condotto dall’Università Bocconi sulla governance  delle industrie creative con un fatturato superiore ai 20 milioni di euro,  268 imprese in cui  il settore moda e bellezza pesa per il 48,5%, design e architettura per il 23,4%, pubblicità media e intrattenimento per il 22,6%, information technology per il 5,5%.

E il panorama si mostra subito molto polarizzato fra  il 48% di queste aziende controllate da grandi famiglie imprenditoriali, e  il 41% da filiali di multinazionali, le altre forme  di assetto proprietario vengono schiacciati in un residuale 11%.  Nelle imprese familiari  il settore dominante è quello della moda e bellezza, mentre sono praticamente assenti dall’information tecnology.

L’analisi rileva inoltre come le aziende possedute da famiglie imprenditoriali siano in media più longeve rispetto alle altre ( il 60% è operativo da più di 25 anni contro il 33% circa delle  non familiari) a prezzo però di dimensioni  più contenute ( il 73% ha un fatturato inferiore ai 50milioni contro il 43% delle altre).

Questi sono solo alcuni fra gli elementi presenti nello studio condotto da Guido Corbetta, professore di strategia delle aziende familiari, Alessandro Minichilli assistant professor, Fabio Quarato, professore di economia aziendale e gestione delle imprese, Francesca Rizzi collaboratrice Cattedra AldAF, tutti presso l’Università Bocconi.

In ogni caso uno dei principali elementi  di forza delle industrie creative familiari è l’appartenenza del  vertice alla famiglia di controllo, insomma: che a Milano l’industria creativa la diriga mamma o papà non è poi così strano.

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