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2014

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Massaggi: un’impresa che unisce business e benessere

Milano è una città sempre in corsa e, per eliminare lo stress e prendersi cura di sé, i milanesi non disdegnano una pausa benessere. Solo nel 2012 la spesa per la cura personale e i servizi estetici in città è stata di mezzo miliardo di euro secondo i dati  diffusi dalla Camera di Commercio di Milano .

La domanda nel settore quindi c’è e contribuiscono a soddisfarla oltre 7000 imprese  – tra acconciatori, istituti di bellezza, saloni, palestre e altro ancora – che costituiscono il 5,2% del totale nazionale.

Perché non trasformare allora il benessere in un mestiere, ad esempio aprendo un centro massaggi?

Se a qualcuno piace l’idea, è bene sapere che la passione e il fiuto imprenditoriale non bastano, ma occorrono studio e competenze specifiche perché chi svolge attività di massaggio è un operatore del benessere a tutti gli effetti assoggettato, in linea generale, ai requisiti e alle autorizzazioni previste per l’attività di estetista  o per altro genere di attività.

Massaggi: l’ABC per l’imprenditore

Partiamo allora dalla definizione, contenuta nella legge 1/1990, punto di riferimento per chi opera nel settore. L’attività di estetista comprende le prestazioni e i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano, il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerne o proteggerne l’aspetto estetico e di migliorarlo attraverso l’eliminazione o l’attenuazione di inestetismi.

Massaggi antistress, rilassanti, massaggio aromatico rientrano quindi in questa definizione che include, in generale, tutti i trattamenti privi di carattere terapeutico.

Chi intende offrirli dovrà innanzitutto possedere la qualifica professionale di estetista. Come fare? Ci sono diversi modi: frequentando dei corsi, svolgendo un periodo di esperienza lavorativa o integrando le due cose. Qualunque sia il percorso prescelto, per conseguire il requisito bisogna mettere in conto un periodo di formazione non inferiore ai due anni e ricordarsi di documentare  nella maniera opportuna l’esperienza effettuata e/o la frequenza dei corsi.

Una volta in possesso di questo requisito, bisogna valutare come esercitare l’attività tra le possibili alternative. Tenendo conto che di norma l’attività di massaggio è considerata  “artigiana”, la scelta tra la forma individuale e quella societaria va valutata in funzione del tipo di investimento da effettuare, del livello di rischio, della presenza o meno di altri soci. Presso il Punto Nuova Impresa di Formaper  Milano è possibile ricevere orientamento in forma gratuita partecipando agli incontri di gruppo con gli esperti.

L’attività di massaggio può quindi essere svolta in una ditta di piccole dimensioni o in un’impresa più strutturata e, in base ai servizi offerti, si parla di “Centro estetico” , caratterizzato dall’offerta di servizi più tradizionali, o di “Centro benessere” contraddistinto di solito dall’offerta di servizi ulteriori legati al benessere (acconciatura, etc.) e dalla presenza di strumentazione di un certo valore.

Per i massaggi si possono infatti utilizzare, oltre che tecniche manuali, anche le apparecchiature elettromeccaniche per uso estetico di cui è disponibile un elenco in allegato alla Legge 1/1990.

Per tutte le informazioni e le autorizzazioni sui locali e i requisiti igienico sanitari che devono possedere, è opportuno informarsi prima presso il Comune competente

In caso di investimento contenuto, una  formula interessante da valutare è quella dell’affitto di poltrona che consente di esercitare autonomamente l’attività utilizzando uno spazio presso una struttura del settore. In ogni caso, non è ammesso l’esercizio dell’attività in forma ambulante.

Una volta completata la formazione e i passaggi formali, si parte: ormai occorre un unico passo formale, l’invio della dichiarazione che consente all’impresa di iniziare l’attività, cioè la Segnalazione Certificata di Inizio attività da inoltrare al Comune competente per territorio attraverso lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) telematico.

Fish Therapy e altri massaggi, le regole

Mode e contaminazioni fanno sì che nel settore del massaggio convergano differenti discipline, tanto da rendere opportuno alcuni distinguo e tenere conto che le indicazioni precedenti sono di carattere generale perché i requisiti così come le autorizzazioni possono variare in base a diversi fattori, ad esempio il tipo di servizio offerto, massaggio terapeutico o no, o i macchinari utilizzati

Merita sicuramente un accenno il massaggio terapeutico, tipologia molto diffusa, da tenere ben distinta dal massaggio estetico. Si tratta di un’attività professionale e non imprenditoriale e per esercitarlo bisogna seguire le regole previste per l’apertura e la gestione di uno studio medico.

Un discorso a parte riguarda le discipline bionaturali. Shatsu, kinesiologia, massaggio olistico, l’elenco è lungo e sono numerose le storie d’impresa  di successo nate a Milano in questo settore. La diffusione di queste forme di ricerca del benessere importate da lontano ha fatto sì che per l’esercizio dell’attività fosse prevista una disciplina apposita. In particolare, gli operatori in discipline bionaturali dovranno essere in possesso di un attestato qualificante che in linea di massima si consegue frequentando un corso ad hoc di 24 ore. I requisiti possono comunque differire e per questo è buona regola informarsi presso il Comune competente per territorio.

Resta inteso che se l’operatore in discipline bionaturali vuole offrire servizi come la pedicure  collegati al settore dell’estetica, dovrà in ogni caso essere in possesso del requisito professionale per svolgere quest’attività.

E chiudiamo con un tocco d’oriente parlando della fish therapy, che prevede l’uso di pesci come strumento di pulizia della cute. Ancora poco diffusa in Italia, questa pratica è già disciplinata da alcune norme . Chi vorrà esercitarla, ad esempio in regione Lombardia, dovrà ottenere un’autorizzazione presso i servizi veterinari del Comune e possedere in ogni caso i requisiti professionali previsti dalla legge 1/1990.

Come diventare barbiere?

attrezzi del barbiereDiventare barbiere è un buon business ?  In Lombardia  ne nascono  due ogni giorno feriale  e se consideriamo tutta l’Italia la cifra sale a 12,   la provincia Italiana che ha registrato l’incremento più alto è Roma , +114 esercizi  in un anno, ma  anche a  Milano il settore cresce,  seppur più lentamente:   5.033 esercizi meneghini  nel 2013 rispetto ai 5.022 del 2012. 

 In totale in tutta Italia sono oltre 102mila i saloni di barbieri e parrucchieri, di questi  quasi  17mila in Lombardia

Prendere il business per i capelli è dunque ancora possibile , ma  come fare a diventare barbiere ?

Innanzi tutto è un’attività tipicamente artigiana, quindi è necessario iscriversi nella sezione speciale artigiani del registro delle imprese, ma non basta,  questo mestiere è  da sempre ritenuto speciale per cui non è  possibile improvvisarsi.

E’ ben noto che nel passato, il barbiere era il custode di  molte arti di precisione, dal dentista, al chirurgo, vi siete mai chiesti da dove nasca  il simbolo insegna del barbiere,  quel palo adornato di strisce colorate? In realtà da niente di allegro, in un‘incisione del 1658 si vede un cliente  seduto che regge un bastone con le strisce e serviva per aiutare il paziente a tenere il braccio orizzontale mentre il barbiere glielo curava,  insomma sembra facesse parte della strumentazione medica .

Ma anche se oggi non si praticano più salassi o estrazioni dentarie  l’ attenzione rispetto alla professionalità rimane sempre alta e per diventare parrucchieri o barbieri  bisogna superare un esame tecnico pratico dopo aver seguito determinati percorsi formativi.  La Regione Lombardia ha individuato  tre modalità  per arrivare a questo esame.

La prima punta sostanzialmente sulla formazione in aula, quindi prevede la frequentazione di un apposito  corso di due anni  seguito da un ulteriore anno di corso  dal contenuto essenzialmente pratico , oppure dall’inserimento di un  anno presso un impresa attiva nel settore, in questo ultimo caso l’anno di esperienza professionale deve essere fatto entro due anni dalla conclusione della formazione teorica

La seconda strada   pensata per  un percorso  più  “sul campo” per cui è possibile maturare i requisiti con tre anni di esperienza professionale presso un impresa attiva nel settore e poi frequentare un corso annuale  di formazione teorica  della durata di  almeno 400 ore.

Se si è proceduto a un periodo di apprendistato della durata prevista dal contratto nazionale di categoria, il periodo di inserimento è ridotto a un anno,  a patto che non siano passati due anni dalla fine dell’apprendistato.

In ogni caso, al contrario del passato, la sola esperienza professionale non è più  sufficiente.

La terza modalità è invece pensata per chi non ha ancora  finito la scuola dell’obbligo, in questo caso è prevista  la frequenza di un corso sperimentale di istruzione  professionale di 3 anni  in assolvimento dell’obbligo di istruzione, ed è riservato ai giovani di età compresa tra i 14 e 18 anni,  in possesso della licenza media.
Al superamento degli esami finali si consegue la qualifica di “operatore del benessere: acconciatore” , dopo i tre anni è necessario seguire ancora  un corso di specializzazione annuale o il quarto anno del percorso sperimentale per il conseguimento del diploma di tecnico e dell’attestato di specializzazione che abilita all’esercizio della professione di barbiere.

Ma non solo l’artigiano deve avere i requisiti professionali,  anche gli spazi  dove esercita devono rispettare determinate indicazioni, l ’attività di acconciatore può essere svolta esclusivamente in locali rispondenti alle norme urbanistiche comunali, edilizie e sanitarie e dotati di specifica destinazione d’uso; non è ammesso lo svolgimento dell’attività  in forma ambulante o con l’utilizzo di posteggio su area aperta al pubblico; si può svolgere  il servizio anche presso la sede designata dal cliente in caso di suo  impedimento fisico oppure, se è  impegnato in attività sportive,  in manifestazioni legate alla moda,  allo spettacolo o in occasione di cerimonie o di particolari eventi promozionali.

Ovviamente  è possibile esercitare l’attività di acconciatore nei luoghi di cura, di riabilitazione, di detenzione,   nelle caserme o  comunque luoghi per i quali siano stipulate convenzioni con i relativi soggetti pubblici.

Si può lavorare a casa propria ? sì  se   i locali utilizzati dispongano dei requisiti previsti dalla normativa in materia di urbanistica, igiene, sanità, sicurezza e siano dotati di ingressi e servizi igienici autonomi .

E per chi proviene da un paese extra UE e vuole operare in Italia?  l’aspirante imprenditore dovrà allora produrre anche   il permesso di soggiorno e il  riconoscimento del titolo di studio da parte del Ministero dello Sviluppo Economico

Una volta maturati i requisiti e trovato il locale giusto, con la comunicazione unica telematica iscrivendosi alla sezione speciale artigiani del registro delle imprese,  si può  subito  iniziare a fare il  barbiere, serviti di barba e capelli.

Carluccio Sangalli: il valore sociale dell’impresa

Carluccio SangalliIn tempo di crisi la responsabilità sociale di impresa ha ancora un valore ? Per Carluccio Sangalli  “I numeri parlano da soli. Da una recente ricerca della Camera di commercio di Milano risulta che  le imprese milanesi spendono circa un miliardo all’anno per le iniziative responsabili. Le aree di intervento più significative sono la tutela dei lavoratori  e il  rispetto dell’ambiente. Lo strumento più adottato è il codice etico, ben 7 imprese responsabili su 10,  e il 2% sceglie il bilancio sociale. C’è da segnalare che se per il 73,5%  delle imprese la responsabilità sociale si realizza nel quotidiano tutti i giorni solo  l’11,4% si preoccupa di certificarlo con un atto formale. Ma con la crisi un terzo delle imprese, il 34%, ha ridotto la sua azione sociale, ma non ha di certo smesso di essere attenta alla dimensione etica.

Quindi insomma la crisi ha influito sull’attenzione sociale?“Ha influito sulla disponibilità di risorse, non sulla cultura. In realtà io credo che proprio la crisi riapra in modo forte il tema di una economia più attenta allo sviluppo diffuso che al mero profitto finanziario. Soprattutto è necessario superare la dicotomia pubblico privato. C’è un privato che ha un valore pubblico e che crea nuove forme di welfare, pensiamo ad esempio alle  settemila imprese italiane impegnate nella formazione ed assistenza dei bambini, un settore in crescita del 3%  nonostante la crisi. Ma lo stesso negozio di vicinato svolge una funzione pubblica nel momento in cui  presidia un territorio, crea relazioni, porta la spesa ai clienti anziani, offre un panino a un senza tetto. Mi ricordo il tema di un bambino delle scuole elementari che diceva “il paese di mio nonno non ha negozi,  e non sembra neanche un paese”. Insomma la dimensione pubblica è collegata a quella privata da una realtà ricca di sfumature e complessità. Di certo la responsabilità sociale di impresa è un elemento forte di questa continuità.

 C’è dunque bisogno di un nuovo  modello di welfare? Carluccio Sangalli ne è convinto:  “ Sì,  la crisi ci sta ricordando con grande urgenza temi non nuovi.  Inoltre i problemi irrisolti del welfare si ripercuotono sulla produttività del sistema economico. Ad esempio, purtroppo, sono ancora molte le donne che dovendo sopperire alla mancanza di servizi alla famiglia non possono partecipare pienamente al mercato del lavoro, alla creazione di nuove imprese. Sono tre secondo me le dimensioni su cui riflettere.  La prima è che  la società non è solo un mero utente dell’assistenza pubblica, deve avere un suo ruolo attivo, da qui l’importanza del terzo settore. La seconda è quella del tempo. Alcune imprese, ad esempio, stanno ripensando la contrattazione anche in base al tempo richiesto al collaboratore e in relazione al percorso di vita del dipendente. Ma questo è un tema che riguarda anche gli orari  dei servizi pubblici, l’efficienza dei trasporti, le infrastrutture tecnologiche. Una società, una famiglia  non può esistere senza un tempo condiviso, senza le feste, senza i riti collettivi. Terzo fronte, un nuovo patto fiscale che premi in particolare le imprese che investono negli altri, nella società”.

Insomma per il presidente della Camera di Commercio di Milano in un certo senso il futuro deve un po’ tornare a essere quello di una volta:  “L’economia deve essere sempre di più  al servizio della persona, ma bisogna saper innovare per tornare a questa verità. Incrementare la produttività per aumentare la torta da cui poter ottenere fette più grandi per tutti.  E’ interessante leggere che Cherubino da Spoleto, un francescano medioevale noto per aver fondato i monti di Pietà,  sosteneva che saper fare bene il proprio mestiere verrà contabilizzato come merito anche a chi è in peccato mortale, perché vuol dire che qualcosa di buono per gli altri è stato comunque fatto.  Il vocabolario, dell’etica, dello sviluppo hanno insomma le stessi radici,” dice Carluccio Sangalli,  “tanto che come sostenevano gli umanisti francescani il denaro è come l’acqua:  se circola porta vita, se ristagna malattie

Turismo ed Expo: i Club di prodotto per Explora-re nuovi mercati

Club-prodotto-Explora Club di Prodotto, per offrire ai turisti stranieri i servizi giusti

Per Expo 2015 a Milano sono attesi 20 milioni di visitatori, di cui circa 6 milioni di stranieri. Ma gli operatori turistici sono pronti ad accoglierli? Per capirlo sarebbe utile sottoporsi a un piccolo test e verificare se la propria struttura recettiva offre servizi adeguati al mercato che intende conquistare.

Se ad esempio si tratta di quello cinese, la presenza di personale in  lingua e la capacità di ospitare gruppi, mettendo a disposizione camere comunicanti,  rappresenteranno alcuni tra i requisiti minimi di attrattività. Per le strutture che puntano invece ai turisti a stelle e a strisce sarà bene dotarsi di una bandiera statunitense ed essere capaci di offrire indicazioni sui luoghi dove effettuare un sano food shopping, mentre risulterà sicuramente gradita al turista russo la disponibilità di un room service di piatti freddi, preferibilmente abbinata all’acqua minerale in bagno per il lavaggio dei denti e alla disponibilità di camere per fumatori.

Sono solo alcuni dei tantissimi esempi illustrati in Camera di Commercio durante la presentazione dei Club di Prodotto, lo strumento principe scelto dalla società Explora per la promozione e commercializzazione dell’offerta turistica di Milano e della Lombardia in un’ottica che guarda oltre Expo.

Sì perché, come osserviamo da qualche anno anche alla Bit, non c’è più un solo turismo, ma tanti turismi differenti in base ai segmenti di clientela, ai gusti e alle motivazioni di viaggio. Ed Explora operando secondo questa logica, intende spingere gli operatori turistici del territorio a compiere il salto di qualità.

I Club di Prodotto sono uno strumento efficace a questo scopo:   aggregano le imprese in base ai segmenti di domanda e alla specializzazione dei servizi che diventano il principale fattore di competitività, indipendentemente dalla categoria “stellata” delle strutture.

Explora ha individuato finora 34 segmenti target, dal China Friendly accomodation ai Gourmet Hotels alle Accomodation for Single Ladies, passando per i soggiorni di gruppo fino a quelli “Green”. Per ognuna di queste categorie, ha definito tutta una serie di requisiti base che le strutture interessate devono possedere per accedere al relativo Club. Ad esempio il già citato personale in lingua cinese nel caso del Club di Prodotto “China Friendly accomodation”.

Ma non basta, perché per accedere ai Club gli operatori devono anche avere almeno 25 recensioni on line e un punteggio non inferiore a 67/100, soggetto a verifica da parte della società Trust You che da anni monitora le recensioni on line sugli operatori turistici italiani.

Quindi, servizi specialistici ed elevata online reputation, ma in cambio di cosa? Di visibilità e di rafforzamento della propria presenza sui mercati stranieri di interesse. Sono questi i vantaggi che Explora offre alle strutture che aderiranno ai Club attraverso una serie di azioni on line e offline basate sul principio della parità di accesso di tutte le strutture aderenti. Catalogo on line, partecipazione di Explora a manifestazioni fieristiche selezionate, presenza di punti informativi temporanei in alcune città europee considerate strategiche: chi vuole  beneficiare di queste e delle numerose altre attività in programma –  deve sapere che le adesioni ai Club di Prodotto di Explora sono aperte fino al 15 marzo con un costo medio tra le 400 e le 800 euro, gradualmente più ridotto all’aumentare del numero di Club a cui la struttura aderirà.

Milano e il turismo

Mentre questa iniziativa muove i primi passi,  i dati sul turismo nella terra di Expo 2015 dimostrano una certa vivacità sia dal punto di vista delle strutture ricettive che dei flussi turistici:

nei primi sei mesi del 2013 le strutture ricettive sono aumentate in tutta la provincia di Milano del 7,17% rispetto alla fine del 2012 secondo la rilevazione dell’Osservatorio della Provincia di Milano, per un totale di 636 alberghi, 574 strutture extraalberghiere, 43.594 camere e 87.499 posti letto.

E a Milano gli alberghi sono sempre più pieni nel week end con un tasso di occupazione delle camere passato dal 57% del 2012 al 61% del 2013 e ricavi pari a 970,9 milioni in tutti i week end del 2013, 42 milioni in più dell’anno precedente, come emerge dai dati del Barometro del comparto alberghiero di Camera di Commercio.

E, se in generale, aumentano i turisti italiani, da dove provengono i turisti stranieri? Principalmente da Russia, Francia e Usa secondo i dati 2013 della Provincia sugli  arrivi nella città di Milano, mentre per i  comuni della provincia il podio spetta agli arrivi da Cina, Giappone e Germania.

Per chi punta a fare dell’accoglienza un business, allora, dotarsi di un sito web in lingua inglese, mettere a disposizione asciugamani bianche caldo umide o sigari russi in camera potrebbe essere davvero un buon affare.

Chi sono i makers ?

la nuova manualità tecnologicaChi sono i Makers? Sono gli artigiani 2.0, persone dedite a creare sviluppo partendo dalla condivisione di idee, tecnologie, conoscenze per inventare nuovi oggetti e arrivare a “fare” dell’ innovazione la propria fabbrica. Ma chi aiuta i nuovi artigiani digitali?
La notizia è di qualche giorno fa: è nato il Make Made in Italy, la Fondazione che ha come obiettivo quello di favorire la crescita di nuovi talenti, offrendo loro spazi e strumenti digitali affinché possano realizzare le loro idee innovative. Tra i fondatori spicca Massimo Banzi, il mitico inventore della scheda elettronica Arduino, che ne è pure il presidente. La presentazione è avvenuta, non a caso, nella sede torinese di Toolbox, il primo FabLab italiano, incubatore di start up, inserito in una rete mondiale utile allo scambio di idee e alla loro condivisione.

Non è più necessario “sognare la California”, la terra degli irruenti makers. Se fare è prima di tutto connettere (idee e persone, per esempio), quel “mondo” è presente anche in Italia, dove, forse con meno enfasi, ma con calma rapidità sta montando quella “terza rivoluzione industriale”, di cui Chris Anderson (già direttore di Wired e attualmente amministratore delegato di 3D Robotics, azienda specializzata nella progettazione e costruzione di droni) è il maggior ambasciatore, nata dalla combinazione tra modelli d’innovazione della rete e una nuova generazione di desktop manufacturing tools (sistemi di manifattura da scrivania) con stampanti 3D, robotica customizzabile.

Che l’Italia fosse pronta per questa rivoluzione lo si era capito lo scorso giugno a Roma al primo Make Faire Rome, un evento che ha riunito per quattro giorni migliaia di persone facendo dialogare l’esperienza americana con quella italiana.  L’artigiano esperto che esplora le tecnologie digitali e il teen-maker che “smanetta” con programmi digitali, che stampa in 3D la custodia del proprio cellulare o si auto produce pezzi di ricambio e accessori per la bicicletta o il motorino, sono due facce di uno stesso movimento. Entrambi sperimentano un nuovo modo di “fare con le mani”.

Nelle nostre aziende artigiane, l’innovazione nasce sul campo. Nasce facendo precipitare esperienze diverse dentro quella cultura di base che è il “saper fare”. Innovando, l’artigiano cresce, la sua attività diventa impresa, che si distingue dalle altre proprio perché non abdica alla tradizione, ma la rinnova attraverso un dialogo costante con la tecnologia. I nostri giovani artigiani-makers sono curiosi, entusiasti. Animati dalla passione del “fare”, il loro punto di forza è la condivisione. Non hanno paura di sperimentare perché sbagliare fa parte del processo di apprendimento. Usano la tecnologia in un modo che può apparire naif, ma azzardano per diventare presto esperti e mirare poi all’eccellenza. Infine, si muovono in una dimensione internazionale con prodotti “fatti su misura” del cliente. Sanno che Italia è un brand globalmente riconosciuto. Si tratta, allora, di essere locali e globali. Make in Italy, per arrivare al mondo.

E se avete ulteriori domande su chi siano i makers e sulla manifattura digitale Imprese & Citta  vi offre ottime risposte: buona lettura.