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L’industria del cibo? Ecco tutti i trend 2016

Trend cibo 2016Lo scorso anno Expo ha portato in primo piano tutta la filiera dell’alimentazione e l’importanza del settore per l’economia di Milano e Lombardia.

Secondo l’Associazione Economia e Stabilità la Lombardia ha 117 aziende agricole, di cui 91 con centro aziendale a Milano, e più di 1.500 industrie del ramo alimentare. Inoltre 20 prodotti regionali sono insigniti del marchio DOP e sono presenti 12 presidi Slow Food, a testimonianza della qualità e dell’attenzione che Milano e la Lombardia hanno riguardo il cibo.

Se nel 2015 è esploso il fenomeno dello street food, Baum&Whiteman, azienda di consulenza per ristoranti, ha individuato i trend di settore del 2016.

Ecco i più importanti:

  • Delivery

Sono sempre di più le applicazioni che permettono di ordinare pranzo o cena dal proprio smartphone, un mercato che, secondo Foodora, può valere fino a 500 milioni di euro solo in Italia e che sta influenzando le abitudini degli italiani a tavola.

  • Cibo Sano e Naturale

Secondo una ricerca di Nielsen, gli italiani cercano prodotti 100% naturali, senza colesterolo o coloranti artificiali. Questi dati non fanno altro che confermare la crescita del mercato biologico in italia, ormai un’abitudine per circa 15 milioni d’italiani.

  • Vegetariani e Vegani

Secondo il rapporto “Italia 2016” di Eurispes, il 7,1% degli italiani è vegetariano, in aumento dal 5,7% dell’anno precedente, rendendo l’Italia il Paese con il maggior numero di vegetariani in Europa. Questo ha aperto diverse opportunità d’impresa, dimostrato dall’aumento di ristoranti vegani aperti negli ultimi 2 anni.

  • Retail & Restaurant

Se prima i grandi brand si legavano al mondo del food attraverso la messa sul mercato di prodotti con il loro marchio (pensiamo ai cioccolati di Armani), oggi è sempre più diffusa l’accoppiata negozio e ristorante. Prendendo spunto dai centri commerciali e dai multisala, negozi come Ikea o Feltrinelli hanno unito il lato retail con il cibo, dando il la ad operazioni su scala più grande, come Brian&Barry Bulding a Milano.

La nuova frontiera del lavoro? Si chiama smart working

L’esplosione del digiSmart workingtal ha spinto verso un rinnovamento il mondo del lavoro in tutti i suoi ambiti. Una delle novità più interessanti è il cosiddetto “telelavoro” o smart working.

Nonostante sia previsto dal 1998, grazie alla Legge Bassanini Ter, in Italia lo smart working non ha mai avuto una grande diffusione, tanto che il nostro Paese, fino al 2005, risultava 25° su 27 Paesi in UE sul tema smart work.

Ma sembra che le cose stiano cambiando. Nella Legge di Stabilità 2016 è stato inserito un disegno di legge apposta per promuovere lo smart working, che prevede, tra gli altri:

  • che il contratto per lo smart worker sia su base volontaria;
  • che si fondi su un accordo tra dipendente e datore di lavoro per un massimo di due anni, sia per contratti a tempo determinato che indeterminato;
  • che sia garantito un trattamento economico non inferiore a quello degli altri dipendenti con mansioni simili;
  • copertura assicurativa;
  • incentivi fiscali del 10% indicati dal Jobs Act.

Questo D.d.L. risponde ad una necessità che il mondo del lavoro sta lentamente scoprendo: secondo una ricerca degli Osservatori Digitali del Politecnico di Milano intitolata “Smart Working, scopriamo le carte”, il 17% delle grandi aziende ha avviato progetti di smart working, contro l’8% dell’anno precedente; rimane molto bassa la percentuale di PMI che hanno sviluppato piani concreti per il “lavoro agile” (solo il 5%, con più della metà del campione intervistato che si dichiara non interessato).

Nonostante ciò, il mercato del lavoro sembra già maturo per una rivoluzione smart. Secondo una ricerca Doxa il 57% dei professionisti intervistati potrebbe lavorare almeno un giorno alla settimana da casa e il 35% del lavoro svolto quotidianamente si potrebbe svolgere anche al di fuori dell’ufficio; non è un caso che si stiano moltiplicando le applicazioni per tablet, smartphone o portatili atte a facilitare il lavoro, già presenti nel 91% delle aziende italiane.

A fianco dello smart work, si stanno moltiplicando gli spazi per il coworking (ad oggi sono 349 in tutta la penisola, di cui 88 a Milano) e vengono sempre più considerati un’opportunità anche dalle imprese, non solo dai liberi professionisti.

Sembra ormai chiaro che, in un futuro ormai prossimo, l’andare in ufficio sarà rimpiazzato da nuove modalità lavorative, più snelle, economiche ed efficienti.

 

Crowdfunding: 5 consigli per una campagna di successo

CrowdfundingIl crowdfunding italiano, nel 2015, ha avuto un trend tendenzialmente positivo secondo la ricerca “Crowdfunding in Italia: Report 2015”, che ci mostra un quadro in crescita rispetto al 2014, riassumibile in:

  • aumento del numero di piattaforme di crowdfunding italiane attive (da 41 a 69).
  • 21.384 progetti pubblicati (+67%), dal valore complessivo di 56,8 milioni di euro (+85%).
  • 857.331 finanziatori italiani raggiunti, in media 25.216 per ogni piattaforma di crowdfunding italiana

La maggior parte delle piattaforme di crowdfunding italiane hanno sede legale nel Nord Italia (47% del totale), e 16 di queste sono a Milano. L’interesse verso questa modalità di finanziamento è stata percepita dal Comune di Milano, che ha fatto partire un progetto di crowdfunding civile lo scorso anno.

Nonostante la crescita del settore, i progetti che hanno completato la campagna sono il 30%, in diminuzione rispetto al 2014.

Vogliamo darvi 5 consigli utili per far sì che la vostra campagna di crowdfunding venga pubblicata e portata a termine:

  • L’idea del progetto deve essere chiara, realizzabile e essere facilmente spiegabile ai potenziali investitori. Un progetto di successo, attraverso immagini e brevi testi, si spiega perfettamente e in poco spazio.
  • Il progetto dev’essere accompagnato da una campagna di marketing efficace. I progetti di crowdfunding falliscono, nell’80% dei casi, perché manca un piano di comunicazione adeguato. Targetizzare, avviare campagne social e creare video impattanti che attirino il maggior numero d’investitori è fondamentale.
  • Siate generosi. Per convincere i potenziali donatori dovrete dar loro ricompense adeguate al loro investimento. Più la cifra è alta più il premio dev’essere notevole.
  • Non puntare troppo in alto, almeno all’inizio. Il primo step  dev’essere il budget minimo per il completamento del tuo progetto; i passi successivi saranno espansioni  del progetto base che lo renderanno sempre più appetibile per i donatori.
  • Dedicateci molto tempo. Non basta impostare un’ottima campagna di marketing e avere un’ottima idea; bisogna costantemente tenere d’occhio l’andamento del progetto, dare continui aggiornamenti e ascoltare i feedback dei donatori.