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Giù gli uomini, su le donne

Sembra che al nord resista ancora la convinzione che la donna possa essere in carriera, almeno secondo i risultati di un’indagine fatta in rete da Camera di commercio di Monza e Brianza sui tweet di Voices from the Blog. E con i dati alla mano questa percezione corrisponde alla realtà. A Milano e provincia, infatti, nel 2012 le imprese al femminile (si intende quelle con una donna come titolare o al controllo di maggioranza) sono cresciute dello 0,7%, mentre quelle maschili scendevano dello 0,3%. E sono arrivate quasi a quota 58.000, all’incirca il 20% del sistema economico del capoluogo lombardo, per un fatturato annuo di 15 miliardi di euro.

L’attività di cui le donne si occupano principalmente è il commercio e dai dati del Registro delle Imprese si è arrivati a individuare una maggiore concentrazione di esercizi rosa in corso Venezia e in via Odoardo Tabacchi. Ma anche il settore hi-tech è piuttosto florido. Ne avevamo parlato proprio in questa sede qualche mese fa, in occasione dell’annuale conferenza internazionale Women&Technologies organizzata dall’associazione Donne e Tecnologie, in cui viene focalizzata l’attenzione su tematiche di particolare interesse e attualità – nell’edizione 2012 si è parlato di responsabilità sociale d’impresa e di applicazione della scienza e della tecnologia in favore di un’alimentazione consapevole  – e viene assegnato il premio Le Tecnovisionarie.

Considerando che subito appresso al commercio si posizionano bene i servizi alla persona (siamo circa al 10%), forse è possibile pensare che stia davvero prendendo piede quel nuovo “settore” che è stato definito motech. Il richiamo esplicito è al termine ebraico motek, cioè “dolcezza”, con l’intenzione di indicare l’integrazione tra spirito materno e tecnologia. Quando si parla di motech dunque ci si riferisce alla tecnologia al servizio della persona e della famiglia (assistenza sociale e sanitaria, gestione domestica, istruzione, consulenza professionale, cura dell’alimentazione e del benessere) nell’ottica dell’annosa questione della conciliazione. Questi servizi hanno già trovato mercato in altri paesi dell’UE e potrebbero trovare terreno fertile anche in Italia, dove l’imprenditoria femminile continua a scontrarsi con le esigenze del privato e i limiti del welfare.

Ultimo dato interessante, emerso dalle indagini della Camera di commercio di Milano, è che le imprenditrici milanesi non parlano solamente italiano: una su cinque infatti è straniera e il loro numero è cresciuto del 7,5% nell’ultimo anno. La provenienza? Il fatto che al settimo posto della classifica delle strade in rosa di Milano ci sia via Paolo Sarpi, nel cuore della chinatown meneghina, parla chiaro. Alla Cina seguono Egitto, Romania, Perù e Marocco.

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