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Export dell’italian style nel mondo: che cosa, dove, chi

La mappa dell export dell’italian style ? Ce la fornisce  una ricerca della Camera di commercio su dati Istat. Abiti e calzature in Francia e Germania, pellicce in Russia, tessuti e filati in Germania, biancheria per la casa negli Stati Uniti, borse in Svizzera e Francia, gioielli e oreficeria negli Emirati Arabi, pizzi e merletti in Sri Lanka, passamanerie in Romania, abbigliamento sportivo a Hong Kong e in Giappone. Per un export italiano di oltre 51 miliardi di euro nel 2013, +4,7% in un anno. E vince la corsa dell’italian style Milano, seguita da Vicenza e Firenze.

 

Dati export per destinazione finale

 

Operare e vendere nei mercati esteri richiede però di adattarsi con la flessibilità  dovuta alle esigenze e ai gusti del target che si intende raggiungere.

Ma come sono organizzate le imprese che esportano l’italian style?
Per quanto riguarda Milano  Il servizio studi della Camera di commercio di milano ha rilevato come per le imprese  che esportano ben il 38%  vanta una presenza diretta  ( filiale, punto vendita o ufficio di rappresentanza)

Sempre nell’ ottica della flessibilità, il 52% delle imprese ha dovuto modifi care la propria produzione (di prodotti o servizi) adeguando l’off erta e costruendo nuovi  prodotti ad hoc.
Da notare che ben  l’85% di chi opera all’estero ha intrapreso da solo tale attività; il 12% ha seguito come subfornitore un’impresa multinazionale,  il 7% ha seguito un’impresa nazionale. Meno frequenti le altre modalità quali la  partecipazione a consorzi o a reti di imprese.

Export or Die?

Per le imprese milanesi (come per quelle italiane in generale), esportare è sempre meno un lusso e sempre più una necessità. Di fronte al rallentamento della domanda  interna, vendere  all’estero  è la nuova parola d’ordine . I dati  ci dimostrano che la competitività  delle imprese milanesi tiene botta: l’export è in deciso aumento dal 2010 al 2013; un numero importante di aziende sembra muoversi con una certa destrezza dentro catene globali della produzione  sempre più complesse; la quota dell’export sul valore aggiuntodella provincia di Milano è incoraggiante (pari a circa il 35%, dato vicino agli standard tedeschi . Si tratta di  imprese che dimostrano la capacità di sviluppare idee, in origine artigianali, su scala mondiale e che esprimono un  made in reale e tangibile impregnato di creatività e innovazione.

Nell’export  va tutto bene dunque?

Se vi sono dunque punti di forza  un salto di qualità  è  peò necessario secondo l’ufficio studi della camera di commercio di Milano. Da un lato, sono ancora poche, nel complesso, le imprese che hanno  relazioni  strutturate con i mercati esteri , in particolare, con quelli più lontani e a più alto rendimento;  Dall’altro, la gran parte delle aziende esportatrici ha una organizzazione semplice e poco articolata che rende difficile attuare strategie internazionali di ampio respiro

Da questo punto di vista il contratto di rete potrebbe essere la quadratura del cerchio, uno strumento che permetta con piccole organizzazioni aziendali grandi politiche commerciali per sostenere l’export dell’italian style

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