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2014

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Asilo: un’impresa tra business e passione

Asilo nido, micronido, centro per l’infanzia: cosa sono e come fare ad aprire queste attività

Nido, micronido, centro infanzia: tanti modi per dire asilo

In tempi di iscrizioni scolastiche a Milano, più d’uno si chiederà se aprire un asilo può essere un buon business e cosa bisogna fare per avviarlo nel rispetto dei numerosi requisiti e procedure a cui l‘attività è assoggettata.
Prima di tutto diciamo che chi ha pensato di entrare in questo mercato è in buona compagnia, almeno in Lombardia: qui i soli servizi di asili nido sono 893 e pesano per oltre il 25% sul totale italiano dove si contano 3528 attività. Un’incidenza che riflette il peso della Lombardia a livello nazionale in tutti i baby settori: infatti, è lombarda 1 impresa su 6 legata alla produzione di beni e servizi per la prima infanzia, dalla fabbricazione di passeggini alle scuole d’infanzia agli asili nido.

E torniamo appunto a questi ultimi cercando di capire – prima di come fare ad aprirlo – che cos’è un asilo e se ne esistono differenti tipologie.
Innanzitutto, il termine “asilo” racchiude una serie di servizi  socio-assistenziali rivolti a bambini da 0 a 3 anni ed esattamente: Nido, micronido e Centro prima infanzia. A questi si aggiungono anche il nido-famiglia o nido domiciliare che però non possono costituire un’attività d’impresa essendo obbligatoriamente no-profit.
Gli asili sono disciplinati dalla normativa regionale che definisce caratteristiche e requisiti di ogni tipologia: il numero di posti è senz’altro il  primo elemento distintivo. Così, nel caso di ricettività da 11 a 60 posti avremo un nido, fino a 10 posti un micronido, fino a 30 posti un centro prima infanzia, mentre i nidi famiglia prevedono massimo 5 posti.
A questa differenza se ne aggiungono altre, ma tuttavia è possibile osservare che nido e micronido condividono numerose affinità e le differenze sono dettate essenzialmente dalla necessità di rapportare i requisiti strutturali e di organizzazione al numero di bambini. Più significativi sono gli elementi di diversità con i Centri Prima Infanzia dove il servizio di assistenza educativa non è offerto in modo continuativo, bensì per un massimo di 4 ore e non sono previsti requisiti formativi specifici per il personale.

Di sicuro, l’asilo nido costituisce la forma più complessa tra le strutture di “asilo”, trattandosi anche di quella con più bimbi a cui fornire assistenza continuativa e per un maggior numero di ore. Tuttavia, questo non è un motivo sufficiente per ritirarsi dall’impresa che offre invece casi di successo  soprattutto se una grande passione per i più piccoli va ad aggiungersi a qualità della struttura e professionalità degli operatori.

Se invece si volesse optare per un’attività meno regolamentata, un aspirante imprenditore nei servizi all’infanzia può valutare a l’apertura di una ludoteca, di fatto un’attività libera che presenta punti di somiglianza con i Centri prima Infanzia, ma è riservata a bambini e ragazzi dai 4 anni.

I tre passi per aprire un asilo

Accenniamo ora ai passi che dovrà compiere chi vuole avviare un asilo in una delle sue diverse forme. Essenzialmente sono tre:

 1. Scegliere  la forma societaria: l’attività infatti potrà essere gestita da un’impresa individuale dove è presente un titolare ed eventuali preposti oppure da società, cooperative, consorzi e associazioni.

2. Raccogliere tutte le informazioni burocratico-amministrative necessarie per l’apertura: quali sono i requisiti strutturali, organizzativi, igienico sanitari oltre che personali e professionali e, naturalmente, come si  svolge la procedura. Un ruolo centrale, a questo proposito è svolto dal  omune a cui va inviata tramite SUAP telematico la Comunicazione Preventiva di Esercizio. Sarà poi suo compito  inoltrarla agli uffici competenti per le necessarie verifiche. E’ opportuno comunque recarsi preventivamente presso gli sportelli comunali competenti per avere tutte le informazioni del caso.

3. Predisporre  il business plan: questo documento è fondamentale per approfondire tutti gli aspetti connessi all’avvio dell’impresa, dall’analisi della concorrenza all’investimento economico previsto.

Per chi è alla ricerca di un buon punto di partenza, segnaliamo il Punto Nuova Impresa di Formaper, azienda speciale della Camera di Commercio di Milano per la formazione e l’imprenditorialità. Qui gli esperti offriranno gratuitamente orientamento non solo sulla parte burocratica, ma anche sugli aspetti più strategici del progetto d’impresa collaborando a definire contenuti e identificare possibili opportunità di finanziamento.

Imprese & Città, nuova rivista della Camera di Commercio Milano

Nel nuovo quadrimestrale, imprese e città sono la chiave di lettura dei cambiamenti in atto

“Imprese&Città è la nuova rivista della Camera di Commercio di Milano che propone una riflessione di ampio respiro sui due “luoghi fisici”, le imprese e le città, dove oggi si “toccano” con mano i cambiamenti globali, a dispetto di un’economia divenuta fortemente immateriale .

La rivista analizza quindi le trasformazioni urbane e i processi di cambiamento dell’economia con un occhio attento alle reciproche interconnessioni e allo stesso tempo dedica uno spazio ampio ai confronti con altri contesti nazionali e al confronto internazionale di esperienze.

Naturalmente, Milano, con le sue complesse dinamiche socio-economiche, costituisce il cuore pulsante di Imprese&città, che fa del capoluogo meneghino spazio privilegiato di analisi  e luogo di osservazione per decifrare fenomeni di più larga scala.

Imprese&città offre un’esperienza di lettura colta a chi desidera formarsi un’opinione sulle grandi trasformazioni urbane ed economiche,  con particolare riferimento alla realtà di  Milano, ma questo non avviene con riflessioni astratte, bensì attraverso contributi incentrati su argomenti attualissimi:

Ad esempio i temi della casa e dell’abitare che il secondo numero  della rivista affronta trasversalmente con approfondimenti sull’housing sociale, le politiche per la casa del Comune di Milano, l’analisi di esperienze di eccellenza per il recupero di spazi urbani e abitativi come quella avvenuta nell’area di Hafencity ad Amburgo.

E di sicura attualità è anche un tema come quello dei “nuovi produttori” , gli artigiani emergenti dell’economia post-crisi che fanno delle nuove tecnologie una parte integrante della propria attività.  L’approfondimento sul secondo numero della rivista è allargato a più settori, dal manifatturiero all’agricoltura, e pone grande attenzione a dinamiche produttive sempre più diffuse, come quelle legate alla stampa 3D.

E, giusto per accennare al primo numero della rivista, segnaliamo che è possibile trovarvi esempi di  successo nel contrastare la crisi offerti da imprese dell’altomilanese che hanno sposato la filosofia dell’open innovation, ma anche, tra i vari contenuti, una esaustiva overview delle nuove forme di organizzazione della produzione, dai cluster all’offshoring .

Cosa leggere nella rivista della Camera di Commercio di Milano

Imprese&Città si compone di sette sezioni:

APERTURA: ogni numero è aperto da un saggio riguardante un argomento su cui la rivista vuole attirare l’attenzione e promuovere una riflessione tra le forze attive della città (e del Paese).

FOCUS: caratteristica centrale della rivista è di provare a tenere assieme i due ambiti evidenziati dal titolo: città e imprese e mettere in campo “idee” capaci di diventare, se raccolte ed elaborate, proposte. Il tema di questa sezione è sempre scelto con la logica dell’incrocio.

LE CITTÀ SI POSSONO AMMALARE? Articoli brevi dove antropologia storica e sociologia del presente s’incrociano. L’idea di partenza è che anche le città, come le società, sono dei luoghi cruciali della memoria, e sono condannate a ripetere empasse ed errori con cui non hanno fatto i conti. Come per inerzia.

NUOVI PROCESSI DI GOVERNO: l’idea è quella di affrontare alcuni temi importanti per la situazione attuale, ma scarsamente “elaborati” da chi per funzione, potere, influenza dovrebbe occuparsene.

MILANO PRODUTTIVA: a cura del Servizio Studi della Camera di Commercio di Milano. Una breve “monografia” con dati e commenti che aggiorna e/o approfondisce alcuni temi dell’omonimo “report” annuale

SULLE TRASFORMAZIONI URBANE DEL XXI SECOLO: s i riprende il discorso già avviato con Dialoghi Internazionali per presentare progetti e realizzazioni di trasformazioni economico urbane delle città nel mondo.

LETTERE: è il Mondo, le imprese e la città, che confluiscono nella rivista e l’agitano con temi non facilmente rintracciabili in altre pubblicazioni. È un “apprendere” dagli altri.

Con Imprese&Città continua e si rinnova la tradizione delle riviste della Camera di Commercio di Milano.

Per maggiori informazioni, contatta il Servizio Studi.

Le librerie da scoprire a Milano

 Librerie Milano: qui c’è un un mondo “speciale”

Milano, si sa, è una città da scoprire,  che svela – a chi sa esplorarla con attenzione – un inaspettato mondo sotterraneo e numerose sorprese alla luce del sole. Una di queste è il mondo delle librerie specializzate disseminato per la città, una realtà pulsante all’interno del grande universo dell’editoria milanese che, nonostante la crisi,  rappresenta ancora un terzo dell’occupazione nazionale nel settore (32,8%) e incide per il 17,7% con 1799 imprese, come rileva la ricerca ”L’editoria in Italia e a Milano: struttura e tendenze”.

 D’altronde leggere a Milano va di moda: le spese delle famiglie milanesi tra libri, giornali e riviste, ad esclusione dei testi scolastici, ha sfiorato nel 2012 i 270 milioni di euro: emerge da elaborazioni della Camera Commercio di Milano su dati Registro imprese, Istat  e dall’indagine 2013 sui consumi delle famiglie milanesi presentato in occasione dell’apertura di BookCity Milano 2013 .

 Le librerie specializzate  del capoluogo meneghino sfiorano il numero di trenta e propongono un’offerta per tutti i gusti e gli interessi: c’è una libreria di genere dedicata alle donne, librerie specializzate su temi quali il mare, i viaggi, la storia militare, l’automobilismo fino a realtà ancora più di nicchia con un’offerta esclusiva di volumi su civiltà e culture dei paesi lontani, ad esempio.

E naturalmente non può mancare un bookstore per anglofili e un’ampia rete di librerie focalizzate su contenuti professionali, che la fanno da padrone nelle librerie universitarie cittadine e sugli scaffali di veri e propri “templi meneghini del libro” come la Casa editrice Hoepli, bottega storica cui è dedicato un intero capitolo del volume “La memoria del commercio a Milano e provincia” consultabile presso la biblioteca di Via Meravigli 9/b.

Librerie specializzate, quale futuro?”

Anche se lontane dalle logiche di vendita e distribuzione dei grandi gruppi editoriali, le librerie che compongono questo mondo incarnano un modello di business durevole, orientato a clientele di nicchia e caratterizzato dalla personalizzazione del servizio e del rapporto con il cliente. E questo le rende sempre capaci di reinventarsi nel rispetto della propria identità. Ma anche di rappresentare una risorsa se gli editori, per accrescere la domanda ed ampliare il pubblico dei lettori, intendono puntare, oltre che sui canali di distribuzione on line, sulle librerie indipendenti (39%), come indica l’ultima indagine Istat 2012-2013 sulla produzione e la lettura di libri in Italia .

 

Carluccio Sangalli: come dare forza all’arbitrato e mediazione

 Carluccio Sangalli in piediL ‘arbitrato è uno strumento importante per le imprese ? Per Carluccio Sangalli , Presidente della Camera di commercio di Milano :  “ L’arbitrato è un  fattore di competitività e modernizzazione. Si pensi che nella sola Milano il valore degli arbitrati supera i 300 milioni di euro. Le domande di arbitrato depositate presso la Camera arbitrale di Milano nel 2013, sono state  oltre 140  per un valore medio di circa 2,3 milioni di euro. Ma per non essere considerati una seconda scelta rispetto al sistema giudiziario” ribadisce Carluccio Sangalli , deve fare un ulteriore salto di qualità“.

Quindi cosa si dovrebbe fare ?

L’arbitrato non è  uno strumento di massa, ma è estremamente efficace per determinate controversie che richiedono una grande specializzazione.
Per gestire bene gli arbitrati servono quindi competenze tecniche specifiche e risorse importanti.
Queste necessità non vanno d’accordo con l’attuale tendenza alla proliferazione di centri arbitrali.  Non è detto infatti che ogni territorio debba avere il suo centro arbitrale: è invece molto meglio averne pochi, ma ben funzionanti. Come le Camere di commercio sanno, bisogna cominciare a ragionare per funzioni e non per confini amministrativi. Perché così alla fine ragiona anche il mercato. Ecco perché noi siamo a favore del consolidamento di pochi centri di eccellenza e specializzazione come la nostra Camera Arbitrale attiva dal 1986”.

E per quanto riguarda la mediazione?

“Parto dalle parole del Presidente Canzio quando ha detto (all’apertura di quest’anno giudiziario) che << l’Italia non può fare a meno della mediazione e questa non può essere vista con sfavore pregiudiziale>>.  La mediazione  è un’importante occasione per il nostro Paese per ridurre il contenzioso e tutelare gli interessi del mercato. Questo istituto sconta molti pregiudizi che nascono dal fatto che si usa poco. Ecco perchè vediamo con favore la reintroduzione dell’obbligatorietà di questo strumento.  Esistono alcune perplessità sulla mediazione, certamente legittime,  ma queste perplessità, io credo, si sciolgono se si rispettano certi parametri di professionalità, efficienza, serietà, e soprattutto – conclude Carluccio Sangalli-  se si punta sulla qualità e la formazione dei mediatori“.

Mini-bond: una nuova opportunità di finanziamento per le imprese

Bisogni delle imprese e accesso al credito in tempo di crisi

Tra il 2005 e il 2013 in Italia il rapporto tra fabbisogno finanziario dell’impresa e investimenti fissi lordi è salito dal 35,7% al 44,7% con un picco del 61,8% nel 2008, secondo una recente elaborazione del Consorzio Camerale per il credito e la Finanza  sulla base di dati Bankitalia  . Contemporaneamente però è diminuito dal 37,4 al 31,4%, il rapporto tra valore aggiunto al netto dei costi di personale e di struttura – cosiddetto MOL – e valore aggiunto complessivo, determinando di fatto una diminuzione del livello di autofinanziamento delle imprese.

La crescente necessità di reperire capitali ha comportato una aumento della dipendenza dal credito bancario, il cui accesso è stato sottoposto a condizioni sempre più restrittive. Non a caso, il credito alle imprese, secondo la stessa elaborazione , ha registrato una flessione del 6% nel periodo settembre 2012-settembre 2013.

Lo scorso novembre a Milano un’impresa su 5 aveva bisogno di credito, il 13% lo aveva richiesto ma solo il 7% lo aveva ottenuto in modo integrale e quasi 1 su 20 se lo era visto rifiutare: lo rilevava una ricerca condotta da Ipsos per Camera di Commercio.

<strong>Dal credit crunch alla diversificazione delle fonti di finanziamento: i minibond.</strong>

Tuttavia, dalle ceneri di questa situazione ormai nota come “credit crunch”, sta nascendo un fenomeno nuovo: la diversificazione delle fonti di finanziamento a titolo di debito, che passa soprattutto attraverso strumenti prima d’ora sconosciuti o quasi come il crowdfunding  e i minibond .

Di minibond si è parlato di recente a un convegno  organizzato presso la Camera di Commercio di Milano, ente che da tempo sostiene l’opportunità di un cambio culturale in tema di credito. Innanzitutto di cosa si tratta: i minibond sono una forma di obbligazione societaria a medio lungo termine oggi resa accessibile anche alle imprese non quotate (ad esclusione delle microimprese) grazie alle innovazioni introdotte dal Decreto Sviluppo .

Ma sono uno strumento per tutti? Le condizioni di accesso oggi più favorevoli possono renderli uno strumento per molti, tenendo conto dell’estensione dei vantaggi fiscali prima riservati alle sole società quotate: piena deducibilità degli interessi passivi, esenzione della ritenuta sugli interessi passivi e deducibilità dei costi inerenti l’emissione (commissioni bancarie, compensi per prestazioni professionali).  Naturalmente, per goderne è necessario il verificarsi di alcune precise condizioni che vanno peraltro documentate, come ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la circolare del 6 marzo.

Inoltre devono esistere delle condizioni preliminari e cioè: avere uno sponsor finanziario che assista gli emittenti e garantisca la liquidità dei titoli; l’ultimo bilancio dell’emittente deve essere stato revisionato da un revisore legale o da una società di revisione; inoltre i titoli devono essere collocati presso investitori qualificati e circolare solo tra questi, a patto che non siano direttamente o indirettamente soci.

Cosa fare allora? Di certo valutare bene l’impatto che questo comporta sulla gestione economico finanziaria dell’impresa, l’impegno in termini di trasparenza, oneri di gestione e costi dell’operazione. E, naturalmente, commisurare tutto questo ai vantaggi, che possono essere diversi: oltre alle agevolazioni fiscali, vanno considerati i benefici derivanti dalla diversificazione del debito, la possibilità di accesso diretto per le pmi ai mercati internazionali dei capitali, l’allungamento della durata media delle sue fonti di finanziamento grazie al fatto che i minibond possono essere emessi solo con scadenza medio-lunga. E c’è poi un potenziale ed indiscutibile vantaggio in termini di diffusione del brand sia della società che li emette che degli investitori.

L’agenzia di rating CRIF stima un mercato potenziale per i minibond di 10.457 imprese che arrivano a 34.300 secondo le previsioni di CERVED. E’ un mercato in gran parte inesplorato che istituzioni come la Camera di Commercio di Milano possono sostenere svolgendo alcune importanti funzioni:

Offrire informazioni sullo strumento
Favorire chiarezza su tempi e costi
Offrire supporto per incontrare investitori interessati

Le imprese interessate potranno approfondire l’argomento leggendo l’analisi Minibond: istruzioni per l’uso.