Ad
Author

Camera di Commercio di Milano MonzaBrianza Lodi

Browsing

Lombardia: i giovani che fanno moda

Chi sono i giovani che fanno moda?  nelle imprese lombarde del settore moda, fra i giovani sei titolari  su dieci sono donne.  Più di duemila gli under 35 lombardi, tra donne e uomini, che hanno creato un’impresa nel settorgiovani imprenditrici che fanno modae della moda.  Di questi quasi la metà hanno un negozio di abbigliamento o una boutique, uno su tre crea e produce vestiti. Circa trecento sono i giovani che fanno moda  nella pelletteria, tra produzione e vendita. Una trentina  i giovani che creano gioielli e 80 quelli che li vendono in negozio. Boutique e negozi di scarpe i settori più femminili, circa sette titolari su dieci sono donne. 

Più donne anche nella fabbricazione.  Prevalgono i giovani maschi solo nella fabbricazione di articoli in pelle e gioielleria.  Oltre 5mila i posti di lavoro in Lombardia creati dai giovani imprenditori, in prevalenza nella produzione che ne offre più di 2mila. Sempre donne le maggiori datrici di lavoro, offrono 2.736 posti.

Questo il quadro dei giovani  imprednitori che fanno moda, che emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano sui dati del registro delle imprese.

“In uno scenario internazionale – ha dichiarato Erica Corti, membro di giunta della Camera di commercio di Milano – dove la competitività gioca un ruolo chiave l’eccellenza della moda va sostenuta e difesa con iniziative in grado di favorire la crescita dei talenti emergenti, l’attrazione di risorse dall’estero e di aumentare la visibilità del nostro territorio in termini di immagine. In particolare, l’attenzione ai giovani stilisti e alla loro formazione, anche con le iniziative di oggi, rappresenta un importante investimento per il successo ed il futuro di questo comparto di strategica importanza per l’economia del territorio. Le iniziative realizzate creano poi indotto per il sistema economico milanese, anche in termini di ricadute positive per il comparto del turismo e per l’imprenditoria diffusa del territorio”.

Ma per chi in particolare  vuole diventare stilista,  c’è ancora  spazio?  e  quali sono gli investimenti, secondo Francesca Liberatore una giovane stilista, per chi ha passione talento c’è  sempre spazio  e per chi parte da zero  l’investimento medio si aggira intorno ai 100mila euro.  Ancora secondo Francesca le tre regole d’oro per chi vuole intraprendere questo cammino sono:

  •  conoscere quello che offre e che ha offerto il mercato della moda 
  •  essere concreti ma porsi obbiettivi alti 
  •  avere molta sensibilità per captare gli input esterni.

A questo si aggiunge un buon programma formativo e Milano offre ottime scuole.  Non dimentichiamoci della sartoria:   l’alta sartoria può dare molte soddisfazioni professionali e remunerative a giovani  artigiani.

I giovani che fanno moda:  un bello  sviluppo

Aprire uno street food: +15% imprese in un anno

come fare per aprire uno  street food o “la cucina con lo zaino in spalla”, tanto per rubare un citazione allo Chef Rubio?streed food

Innanzitutto facciamo un identikit di chi ha già aperto:   8mila, questo è il totale nazionale delle “imprese alimentari  mobili”  secondo i dati della Camera di commercio di Milano, un comparto  in crescita ad un tasso del  15% in un anno.  Sul podio dello  street  food  per numero di imprese aperte  salgono :  Roma con 491 imprese, Torino con  443,  Milano  con 361, inoltre  Roma e Milano crescono a tassi superiori alla media nazionale:  +25% la prima, + 20% la seconda. Il  90% dei titolari  è nato in Italia, ma ci sono province più “globali” di altre :  Roma e Agrigento con il 19% degli imprenditori nato al di fuori dei confini,   Pescara con il 17%, Milano e Bologna con il 16%.  Il settore  attualmente non è proprio giovanile: meno del 20%, con punte del 30% a Campobasso. Attenzione però, i giovani stanno crescendo al ritmo del 27%  in un anno.  Per quanto riguarda le quote rosa, un’attività su 4 a livello nazionale  è gestita da donne, ma a Trieste siamo al 50% mentre a Ferrara e Savona siamo  al 44%,.

Ma cosa bisogna fare per aprire uno  street  food?  Innanzitutto, trattandosi  di alimentari, c’è una parte normativa comune  alla vendita   o alla somministrazione  in negozio:  i requisiti professionali per il settore alimentare sono comunque richiesti  e ovviamente deve essere garantita lo stesso rigore per il rispetto della normativa in tema di salute. La materia è  regolata da diverse norme regionali e comunali, per cui a secondo del comune scelto per l’attività è bene verificre la normativa vigente su quel territorio.

Comunque , a prescindere  quindi dal luogo, per aprire uno street food  il venditore ha poi bisogno  di un’ autorizzazione comunale, che può essere di due tipi  in base alla forma di  vendita scelta.  

Il commercio su aree pubbliche infatti  si distingue in itinerante e fisso,  nel primo caso  la vendita avviene per strada nelle piazze e  ci si può fermare solo il tempo richiesto dalla vendita,  nel secondo l’impresa occupa uno spazio pubblico con un chiosco o con un negozio mobile.

Se si vuole partecipare a mercatini, fiere,  se siamo insomma nel secondo caso, il primo step  (una volta verificato il possesso dei requisiti professionali)  è quello di richiedere l’autorizzazione al comune per questo tipo di vendita  e poi, una volta ottenuta,  inviare allo Sportello Unico Attività Produttive ( SUAP) la pratica per l’iscrizione al Registro imprese, Inps, Iva.

Nell’ipotesi del commercio itinerante invece, si può iniziare l’attività  iscrivendosi al Registro delle imprese, Iva  Inps, trascorsi 90 giorni dalla data della consegna della domanda dell’autorizzazione  al SUAP, senza che il Comune abbia fatto opposizione.  In ognicaso, la licenza deve essere attivata entro 6 mesi dalla data di rilascio, pena decadenza.

Lo SUAP è uno sportello comunale ed è il punto di punto di accesso per le imprese alla pubblica amministrazione, ma alcuni comuni delegano questa funzione alla Camera di Commercio competente per territorio.

Questi gli step normativi, ma è bene che l’aspirante imprenditore prima di investire lavoro e denaro si faccia un suo progetto d’impresa  cercando di identificare mercati di riferimento, esigenze finanziarie, possibili criticità/punti di forza. In questo Formaper, attraverso il punto nuova impresa, può essere di grande aiuto per avere un confronto e informazioni sui propri progetti imprenditoriali.

E’ un servizio gratuito, basta prenotarsi telefonicamente.

Anche per aprire uno street  food è sempre meglio viaggiare informati

Start up al femminile: tre storie

A Milano  nasce  un’ impresa femminile ogni 90 minuti, persino nei giorni delle feste : a Natale e a Pasqua, infatti sono 3mila le aziende a prevalenza femminile nate a Milano nella prima metà del 2014,  e le start up sono fra i protagonisti di questa dinamica imprenditoriale.

Dr. Start-upper, un progetto nato dalla collaborazione tra Università Cattolica e Camera di Commercio di Milano per sensibilizzare all’imprenditoria gli studenti post-graduate, in particolare negli ambiti umanistico e delle scienze sociali. Dami Allegra (Just for Kids); Gualtieri Michela (Tribook); Elisa zane e Mazzoli Serena (I don’t waste) queste le le protagoniste dei video:

 Allegra Dami: Dami Just for Kidsintervista a dami just kids

Una fabbrica di personaggi di intrattenimento e contenuti per bambini: li crea, li trasforma in brands e li mette a disposizione del mercato. L’obiettivo è quello di abbracciare l’intero mondo del bambino attraverso lo sviluppo di personaggi. Secondo Allegra Dami un personaggio nuovo non deve nascere per caso, ma deve essere frutto di un percorso preciso che si suddivide in diverse tappe:

individuare un trend o scoprire un genere ancora non presente sul mercato;  creare una serie di personaggi, coerentemente con le varie fasce d’età; fare  ricerche di mercato e test tra i consumatori; confrontarsi, alle fiere di settore, con i contatti e i concorrenti internazionali; elaborare il progetto in base agli input raccolti; sviluppare  una strategia di marketing mirata sul personaggio e sulla fascia d’età;  progettare una serie di prodotti altamente innovativi a supporto dei personaggi; cercare  dei partner finanziari e operativi per creare animazioni per la TV; dare  in licenza i personaggi alle merchandising companies.

  Michela Gualtieri: Tribook, la tribù dei libri  intervista tribook

Tribook sarà una piattaforma web per le librerie indipendenti di Milano, che consentirà ai librai di offrire servizi on-line, in linea con le nuove esigenze dei lettori. La mission è di sfruttare il web per raggiungere i lettori e creare una community intorno alle librerie, dando valore alla loro presenza nel contesto urbano e riconnettendo così il digitale con il fisico, “bricks and clicks”. Tramite la piattaforma il lettore potrà effettuare ricerche riguardanti un libro di proprio interesse all’interno del catalogo integrato di tutte le librerie del circuito, localizzare la libreria più vicina che lo possiede, decidere se recarsi ad acquistarlo (formula “pick and pay”) o se effettuare il pagamento on-line e farsi consegnare il libro a domicilio: la consegna sarà effettuata nell’arco di poche ore grazie a un corriere in bicicletta. Il lettore potrà inoltre accedere a un calendario integrato degli eventi che si svolgono nelle librerie e salvare su un’agenda personale quelli di suo interesse, creare un proprio profilo e affiliarsi a una libreria segnalandola come la sua preferita, accedere a funzioni social.

  Elisa Zane Serena Mazzoli : I don’t Waste. Combattere lo spreco alimentare semplificandosi la vita

L’oggetto del progetto sarà lo sviluppo di una app mobile il cui scopo è unire la lotta al food waste con la promozione di una smart lifestyle. L’applicazione consentirà al potenziale fruitore di ricevere segnalazione rispetto ai prodotti in scadenza, conoscere il contenuto del proprio frigorifero a distanzadont' waste sart up femminile, compilare una lista della spesa smart e visionare ricette che abbiano come ingredienti i prodotti a termine. Il marketing plan prevede un evento lancio attraverso l’installazione di una “cube experience”, un’esperienza sensoriale attraverso la quale il fruitore sperimenterà a 360 gradi le conseguenze legate al food waste predisponendolo all’adesione al progetto. Diversi saranno i luoghi ospitanti il cubo sensoriale: il partner più ambito, per tematiche e bacino d’utenza dei potenziali visitatori, sarà l’evento di EXPO 2015 “Nutrire il Pianeta. Energie per la vita”.

 Tre sart up al femminile Tre imprese per un futuro più rosa

Expo e lavoro: un impatto su tre livelli

Ricerca promossa da Camera di Commercio e Società Expo 2015

Expo darà lavoro? che impatto avrà sull’occupazione? Nessuno predice il futuro, ma delle  prime serie analisi si possono fare. Il primo settore a risentire dovrebbe essere quello delle costruzioni, dove  insieme ai servizi alle imprese e all’industria è previsto l’aumento maggiore dell’occupazione nel periodo che precede l’Esposizione universale, con una richiesta rispettivamente di  12.477, 7.686 e 3.378 unità.

In corrispondenza di Expo, invece, saranno maggiori le opportunità nel turismo e nella ristorazione, che complessivamente richiederanno 39.500 unità di lavoro dal 2012 al 2020.

Sono solo alcuni dei dati contenuti nella corposa analisi di impatto economico “L’indotto di Expo 2015” promossa dalla Camera di Commercio di Milano e dalla società di gestione di Expo 2015 e affidata a un team di analisti economici.

Complessivamente, secondo questa ricerca, saranno oltre 191mila le unità di lavoro generate da Expo. Il dato è molto incoraggiante, soprattutto nella sperabile fase di uscita da una crisi economica che ha prodotto più di mezzo milione di disoccupati. Ma per evitare equivoci può essere opportuno chiarire alcuni punti dell’analisi coordinata dal prof. Alberto Dell’Acqua della Sda Bocconi

Innanzitutto, è bene sapere che la ricerca non parla di posti di lavoro, ma stima le unità di lavoro impiegate a tempo pieno per un anno. Se così non fosse, un lavoratore impiegato stabilmente dall’inizio del 2013 fino al 2020 corrisponderebbe a 8 unità di lavoro annue.

In secondo luogo, questo indotto occupazionale nella ricerca è strettamente collegato alla produzione  aggiuntiva che l’evento Expo genererà e che è stimata in 23,6 miliardi di Euro derivanti da tre livelli di impatto:

– l’impatto di primo livello (pari a 3,2 mld) che comprende investimenti diretti della società Expo 2015 come le opere infrastrutturali, costi di gestione e investimenti dei Paesi partecipanti

– l’impatto di secondo livello (pari a 14,2 mld), che tiene conto degli effetti indiretti di Expo sull’economia, per esempio i movimenti nella catena dei fornitori, e degli effetti indotti da una maggiore domanda di consumi finali, ad esempio quelle dei milioni di turisti in visita durante l’evento

– l’impatto di terzo livello (pari a 6,2 miliardi), collegato alla legacy dell’evento cioè all’eredità in termini di nuove imprese nate durante Expo, di patrimonio immobiliare costituito, di aumentata attrattività turistica del territorio.

Su questi tre livelli si basa il modello della ricerca che tiene conto, dal punto di vista temporale, del periodo dal 2012 al 2020 perché si è visto sulla base di eventi precedenti che un grande evento come Expo esaurisce i suoi effetti entro massimo 5 anni dall’effettiva realizzazione.

In termini occupazionali, l’impatto diretto contribuirà a generare 30mila unità di lavoro, mentre 114 mila deriveranno dall’impatto indiretto e 47mila dalla legacy.

Come saranno distribuite queste 191mila unità di lavoro? A Milano e provincia nel periodo 2012-2020 se ne concentreranno 102mila su un indotto occupazionale complessivo in tutta la Lombardia pari a 121,1 mila unità di lavoro annue; nel resto d’Italia sono invece stimate 62mila unità di lavoro annue che l’Esposizione universale produrrà.

In Gran Bretagna, le Olimpiadi 2012 hanno prodotto una catena di effetti benefici con suoi significativi investimenti in numerosi settori chiave dalle costruzioni al turismo; hanno favorito la creazione di 62.200 nuovi posti di lavoro e, poi, l’effetto felicità post Olimpiadi ha continuato a sostenere i consumi.

Expo può essere la buona occasione per l’Italia. In rete sono già Expo-ottimisti 7 italiani su 10 .

Aprire una gelateria: tutte le info

Un’attività che ha come clienti adulti e bambini? Che produca un prodotto italiano da sempre amato nel mondo? Per turisti e per i propri concittadini? Allora stiamo parlando di aprire una gelateria.

Il gelato è squisito, peccato che non sia illegale” diceva Voltaire, infatti contraddicendo la nota massima che vuole che le cose buone della vita siano illegali o immorali o facciano ingrassare, il gelato da tempo è stato giudicato alimento completo ed equilibrato.  gelato artigianale in vaschetta

In media un italiano ne mangia 6 kg all’anno, il che significa che ogni anno si consuma in Italia una quantità di gelato pari al peso di 3,6 portaerei .

Alimento di nobili origini, anzi imperiali; sembra infatti che sia stata un’ intuizione degli antichi romani che si facevano portare la neve dal Terminillo per poi condirla e cosumalra in vari modi a Roma. Ma  il primo gelataio di cui si hanno notizie certe è Francesco Procopio dei Coltelli, artigiano siciliano del 1686 che utilizzò la ricetta del nonno per dare vita all’alimento che tutti noi conosciamo.

Ma oggi quanti hanno aperto una gelateria? Sono quasi 20mila le imprese individuali  che producono o vendono gelato. Ed è Roma la capitale delle gelaterie italiane con 1.387 attività, seguita da Napoli 1.027, Torino 783, Milano 697. Ma è la Lombardia la regione più golosa con 2.522 imprese pari al 13% del totale nazionale.

Ecco un identikit di chi aperto una  gelateria lombarda:  è  soprattutto un’attività artigiana, in media nell’81% dei casi (si va dal 91% di Mantova al 74% di Milano) e circa una su tre è a conduzione femminile (30,8% lombardo, di più a Lodi con il 38,3%, di meno a Sondrio con il 18,6%). In un caso su nove ha una guida giovane, con picchi a Bergamo (15,8%) e Como (15,1%). Pochi gli stranieri: uno su venti, ma con un 7,7% a Milano. Questi i dati che emergono da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano sui dati del registro delle imprese al primo trimestre 2014.

Ma come si fa ad aprire una gelateria? Innanzitutto bisogna distinguere fra produzione e vendita di gelati, mera vendita e i bar gelateria.

Partiamo dalla mera  vendita, se il gelato lo si acquista già fatto si ricade nella categoria del negozio alimentare già trattata in un articolo precedente.

Nel caso di un bar gelateria, oltre ai requisiti per le produzione bisogna avere anche quelli per la somministrazione e anche questo è un tema che abbiamo già approfondito.

cono gelatoTerza ipotesi, argomento di questo articolo, è la produzione e vendita nello stesso locale,  ovvero: una gelateria con laboratorio dove si prepara e si vende il gelato, dove i clienti non si siedono per consumarlo, ma  se lo portano a casa o se lo gustano in passeggiata . In questo caso l’attività è artigianale e non vengono richiesti requisiti professionali al titolare (come nel caso della vendita o somministrazione), ma esistono requisiti  riferiti al  luogo dove si esercita l’attività: la legge prevede infatti che i locali abbiano determinate caratteristiche (altezza minima, superficie minima, etc.) e rispettino determinate norme igieniche  (piani di lavoro lisci completamente lavabili e disinfettabili, attrezzature in materiale idoneo al contatto con alimenti  etc.).

Obbligatorio per legge  osservare l’insieme di misure definite HACCP – introdotte dal decreto legislativo 155 del 1997.  L’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points), letteralmente Analisi dei Rischi e Controllo dei Punti Critici, è un insieme di procedure volte  a prevenire i pericoli di contaminazione alimentare, più nello specifico il responsabile della produzione deve garantire che la preparazione, la trasformazione, la fabbricazione, il confezionamento, il deposito, il trasporto, la distribuzione, la manipolazione e la vendita dei prodotti alimentari siano effettuati in modo igienico.

Per aprire una gelateria l’imprenditore  deve  iscriscersi al registro imprese nella sezione speciale artigiani, Inps, Inail  e Iva  con la “Comunicazione Unica”: un’ unica pratica telematica allo Sportello Unico per le Attività Produttive  del comune dove si vuole aprire l’esercizio.

Insieme alla Comunicazione unica dovrà essere fatta  la segnalazione di inizio attività  sempre allo Sportello Unico per le attività produttive , spetterà poi al SUAP  trasmettere la documentazione all’ASL competente per territorio.

Per iniziare l’attività di produzione gelati  quindi non è più necessario attendere la verifica preliminare dei requisiti da parte dell’ASL,  ma gli stessi dovranno essere autocertificati dal titolare dell’attività al SUAP, la loro mancanza comporterà da parte della  ASL  l’assunzione di provvedimenti di legge (ivi compresa la sospensione dell’attività).

gelatoIl fatto che la legge non preveda  requisiti professionali  da parte del titolare, non significa che sia un mestiere che si possa improvvisare, anzi qualità e innovazione sono  fattori  molto importanti  in un mercato che sta diventando sempre più competitivo.  Per cui la formazione è in ogni caso necessaria  o tramite esperienza lavorativa o tramite formazione professionale.

Prima di aprire l’esercizio è bene pensare con attenzione al luogo dove   farlo, quali sono i flussi  attuali, gli sviluppi futuri o le future minacce. Attraverso la richiesta di un elenco merceologico  alla Camera di Commercio è possibile avere una lista degli esercizi attivi nella zona , uno strumento utile per capire la concorrenza attuale.  Ma è anche possibile avere una storia della zona richiedendo tutte le gelaterie cessate, un lungo elenco di cessazioni deve far riflettere sull’opportunità di  scegliere quel luogo come sede della nostra attività.

A qualsiasi Camera di Commercio potrete chiedere l’elenco merceologico di qualsiasi zona d’Italia, i costi sono fissati a livello nazionale per cui scegliete quella più comoda per voi.

Stilare un buon progetto di impresa ci aiuterà  ad affrontare rischi e a dialogare con le banche.

Il Punto Nuova Impresa, un servizio della camera di commercio di Milano attivato attraverso Formaper, vi offre assistenza personalizzata per discutere del vostro progetto di business e avere informazioni specifiche sulla vostra impresa, si tratta di un servizio gratuito, basta prenotarsi telefonicamente.

Aprire un gelateria in Lombardia? Non è una strana magia